La verità processuale: l'agguato
La ricostruzione dell'agguato di Via Fani. basata sui racconti dei testimoni , le dichiarazioni dei pentiti e degli stessi brigatisti, le perizie balistiche e medico legali.
Il ruolo di Moretti, l'inceppamento dei mitra del gruppo di fuoco, la reazione dell'agente Iozzino ed il passaggio della moto Honda.
Cinque processi, migliaia pagine di documenti, perizie balistiche e medico-legali, decine di testimoni oculari, testimonianze dei pentiti e racconti dei brigatisti presenti in via Fani, hanno contribuito alla ricostruzione di quanto avvenne la mattina del 16 marzo 1978 all'incrocio tra via Fani e via Stresa.
Una ricostruzione sottoposta in questi quarant'anni a decine di critiche tanto da arrivare ad affermare che essa sia soltanto "una verità dicibile" frutto di un patto tra brigatisti e Stato per chiudere, un periodo della nostra storia.
Le diverse obbiezioni rivolte alla ricostruzione "ufficiale", molto spesso in contraddizione tra loro, hanno quasi sempre riguardato aspetti specifici dell'azione. Pertanto ad oggi non esiste una versione alternativa organica relativa all'azione di via Fani
Quello che segue, quindi, è il racconto dell'azione brigatista secondo quanto emerso in questi 40 anni. Esso, come detto, si basa su quanto appurato nei processi, Un ruolo decisivo in questa ricostruzione lo hanno i racconti dei brigatisti autori dell'azione. Credere o meno a quanto affermano è chiaramente una valutazione personale
L'ultimo giorno degli uomini della scorta
Il maresciallo dei carabinieri Oreste Leonardi, da oltre dieci anni segue come un ombra il presidente della Dc. Nonostante non abbia la qualifica di caposcorta, di fatto, è lui che organizza la protezione intorno ad Aldo Moro. Torinese, cinquantuno anni tanto ben portati da meritare ancora il soprannome di “judo”, Leonardi, si è alzato presto; come ogni mattina si è vestito , ha preparato il caffè e ha salutato Ileana, la moglie e Cinzia, la figlia diciassettenne, poi è uscito dal grande palazzone di Via Musco nel popolare quartiere della Montagnola.
La vedova del maresciallo Leonardi ricorda così quelle ore:
Mio marito si era alzato presto, aveva fatto il caffè e me lo aveva portato; poi, al momento di uscire era tornato indietro e ho sentito che trafficava nell’armadio. Ho chiesto «Che fai» e lui mi ha detto «Prendo delle pallottole». Mi ha salutato ed è andato via. Dopo poco chiama e mi dice: «Ileana mi sono dimenticato...» però non finisce di dirmi cosa ha dimenticato: «Sta scendendo il presidente, ti debbo lasciare. ti chiamo più tardi»... invece non mi ha più potuto chiamare. Testimonianza di Ileana Leonardi da La notte della Repubblica,. Sergio Zavoli, ( Milano, Nuova Eri, 1992) pag.279
Anche Domenico Ricci, l’autista dell’auto di Moro si è alzato presto, nella casa di Via Stilicone al Tuscolano continuano tranquillamente a dormire la moglie, e i due figli Gianni e Paolo di otto e undici anni.
Francesco Zizzi, Giulio Rivera, e Raffaele Jozzino, gli altri componenti della scorta, non sono sposati e dormono presso la caserma della polizia di Via Agostino De Pretis. Per Francesco Zizzi , brigadiere trentenne di Fasano, quel giovedi è diverso dagli altri, è il suo primo giorno come caposcorta di Aldo Moro, sostituisce, infatti un collega momentaneamente in congedo. Giulio Rivera e Raffaele Jozzino sono due dei tanti ragazzi del meridione che hanno scelto l’arruolamento in polizia per fuggire alla disoccupazione e alla miseria. Rivera, ventiquattro anni, nato a Guglionisi in provincia di Campobasso, è soprannominato “Giuliano” perché è solito ripetere che per sistemarsi davvero ci vorrebbe l’arresto di un criminale della fama del bandito Giuliano. Alle 8,30 gli uomini della scorta sono in Via Trionfale sotto casa di Moro.
L' avvicinamento a Via Fani
Altri uomini si sono svegliati presto quella mattina, sono gli uomini delle Brigate Rosse. Dieci, dodici persone, forse di più, alla spicciolata convergono su Via Fani.
Prima delle sette Valerio Morucci e Franco Bonisoli, escono dalla base di Via Chiabrera. Bonisoli, che fa parte della colonna milanese, è giunto a Roma da alcuni giorni per rinforzare il commando brigatista. In casa lasciano Adriana Faranda che seguirà gli sviluppi dell'azione sintonizzata sulle frequenze della polizia.
Con una 127 bianca raggiungono la zona retrostante il mercato rionale di Via Andrea Doria. Qui effettuano un cambio d'auto e salgono su una A112. Probabilmente durante il tragitto hanno recuperato Prospero Gallinari, che alloggia già nella futura prigione di Moro, in Via Moltalcini.
I tre raggiungono la parte alta di Via Stresa. Ernesto Proietti, un netturbino in servizio in Via Stresa, verso le otto e trenta, vede scendere da un’autovettura scura tre individui, indossanti divise dell’aeronautica, che si dirigono verso via Trionfale. I brigatisti hanno scelto le divise dei dipendenti dell'Alitalia in quanto in Via Fani è solito passare un pulmino che carica il personale diretto all'aeroporto. Giunti all'altezza di Piazza Monte Gaudio. vengono fermati da una donna, Erminia Basilischi, che ingannata dalle divise, chiede informazioni riguardo l’orario di alcuni aerei. In evidente imbarazzo i falsi piloti rispondono in modo scortese ed evasivo. La Basilischi in seguito riconoscerà, a causa della sua evidente capigliatura rossa, Franco Bonisoli tra i componenti del gruppo.
Barbara Balzerani e Mario Moretti alloggiano nel covo di Via Gradoli, che fra un mese, il 18 Aprile 1978, diventerà famoso. Anche loro raggiungono Via Fani in auto: una 128 blu.
Raffaele Fiore e Bruno Seghetti sono già entrati in azione. La sera precedente, in Via Brunetti, una traversa di via del Corso, hanno tagliato le gomme del furgone del fioraio Antonio Spiriticchio per impedirgli di essere presente sul luogo dell'agguato.
Fiore è vestito, anche lui, da dipendente dell'Alitalia. Come Bonisoli , è “in trasferta” , proveniente dalla colonna torinese delle BR. ha dormito a casa di Bruno Seghetti, che pur essendo passato in clandestinità, ancora non rientra nella lista dei ricercati. Anche loro convergono sul luogo dell'attacco.
Poco dopo le 8.30 il commando brigatista, composto da 10 persone, è nelle vicinanze di Via Fani pronto ad entrare in azione.
A ogni compagno è assegnato non solo il posto preciso dove stare e un ruolo specifico, ma anche il percorso di avvicinamento a via Fani. Andrà ad appostarsi nei punti esatti soltanto se tutto è a posto e l'azione parte di sicuro. La verifica tocca a me, e fino all'ultimo faccio la spola tra un gruppo di compagni e l'altro. Dobbiamo capire se Moro c'è e se uscirà di casa come al solito. I giorni precedenti c'era. Per accertarsene con almeno mezz'ora di anticipo basta vedere se c'è la scorta sotto casa, alla palazzina dove abita in via del Forte Trionfale. Passo con la macchina, la scorta c'è, le due auto sono parcheggiate una in fila all'altra nel cortile antistante l'ingresso, come al solito. Sicuramente di lì a poco Moro esce. Faccio l'ultimo giro fra i compagni in avvicinamento, confermo, ognuno va a prendere posizione. Mario Moretti. Brigate rosse una storia italiana_ (Milano, Anabasi, 1994) pag.125_
La disposizione dei brigatisti
I dieci brigatisti che partecipano all'azione sono disposti nel seguente modo. Partendo dall'alto di Via Fani.
All'incrocio tra via Fani e via Trionfale c'è Rita Algranati che ha il compito di segnalare l'arrivo delle auto di Moro e permettere a Moretti di prepararsi alla manovra di agganciamento. Moretti, cosi descrive il suo ruolo:
il momento critico è quello iniziale: una nostra macchina (la 128 targata Corpo Diplomatico) deve andare a mettersi davanti al piccolo convoglio composto dalla 130 con dentro Moro, l'autista e il maresciallo, e dall'Affetta con gli altri tre. Bisogna avvistare in tempo le due macchine, che vanno veloci per motivi di sicurezza e cogliere il momento esatto in cui rallentano per girare a sinistra da via del Forte Trionfale in via Fani. È un attimo, la nostra macchina deve essere in movimento e mettersi con naturalezza davanti a loro. Se non li agganciamo lì non li riprendiamo più. Guai se la manovra riesce male o se succede qualcosa, anche piccola, che attiri l'attenzione degli agenti di scorta. Su quella macchina non ci vuole uno che guidi come un pilota di Formula Uno, ma che abbia esperienza e nervi saldi. Tocca a me (…) occorre che un compagno mi segnali che il convoglio sta arrivando con qualche attimo d'anticipo prima che svolti per via Fani. La ragazza deve fare solo questo, poi salire su una Vespa e andarsene. È giovane, carina, non ha che da star ferma all'incrocio con un mazzo di fiori in mano. Ibid pag.126
Moretti, alla guida della 128 bianca, con targa diplomatica, si pone, nella parte alta di Via Fani, subito dopo l'incrocio con Via Sangemini a poche decine di metri da Via Trionfale, da dove arriverà l'auto di Moro.
Sempre su Via Fani, poche decine di metri avanti l'auto di Moretti, è parcheggiata una 128 bianca con a bordo Alessio Casimirri e Alvaro Lojacono che hanno il compito di bloccare il traffico proveniente da Via Trionfale.
All'altezza dell'incrocio tra Via Fani e Via Stresa, vestito con divise di dipendenti dell'Alitalia c'è il cosiddetto “gruppo di fuoco” formato da: Morucci, Fiore, Gallinari e Bonisoli. A loro è assegnato l'incarico di annientare la scorta del Presidente DC. Morucci e Fiore devono sparare sull'auto di Moro. Gallinari e Bonisoli sull'alfetta di scorta.
I componenti del gruppo di fuoco. Da sinistra Morucci, Fiore, Gallinari, Bonisolì
I
Si pongono lungo Via Fani, sulla parte sinistra, subito prima dell'incrocio con Via Stresa, davanti alle serrande abbassate del bar Olivetti. Sono schierati in fila, partendo sempre dall'alto: Bonisoli accanto a lui Prospero Gallinari, distanziati di due metri Raffaele Fiore e Valerio Morucci che chiude la fila posizionandosi a ridosso del segnale di stop.
Dopo l'incrocio con Via Stresa , sempre su Via Fani, è parcheggiata una 128 blu con a bordo Barbara Balzerani il cui compito insieme a Moretti, che durante l'azione scenderà dalla sua auto, è di bloccare il traffico nella parte bassa di Via Fani.
Infine parcheggiata in Via Stresa c'è una 132 blu con alla guida Bruno Seghetti che servirà a portar via Moro.
La disposizione del commando brigatista in via Fani. nell'immagine non sono presenti Rita Algranati posta all'incrocio con via Trionfale e Bruno Seghetti a bordo dell'auto parcheggiata in via Stresa. Rielaborazione di un'immagine estratta dal rapporto della Polizia Scientifica presentato alla commissione Moro
Ore 8:50 Aldo Moro esce di casa
Mancano pochi minuti alle nove quando Aldo Moro esce dal portone della sua abitazione in Via del Forte Trionfale. Sale sul sedile posteriore sinistro della 130 ministeriale, accanto a se poggia due borse ed un pacco di giornali. Altre due borse sono sistemate dietro il sedile anteriore destro. Alla guida della 130 è l’appuntato Domenico Ricci, al suo fianco il maresciallo Oreste Leonardi. Sull’Alfetta bianca di scorta ci sono l’autista Giulio Rivera, il caposcorta Francesco Zizzi, e sul sedile posteriore destro, l’agente Raffaele Jozzino.
Le due auto si mettono in marcia. La 130 blu davanti seguita a brevissima distanza dall’Alfetta. Prima di recarsi a Montecitorio, è prevista una breve tappa in Piazza dei Giochi Delfici, dove, nella chiesa di S. Chiara, Moro è solito ascoltare la messa.
Il percorso, come verrà’ appurato in sede processuale, è sempre lo stesso. Da via del Forte Trionfale le auto si immettono su Via Trionfale poi girano in Via Fani, un breve tratto di Via Stresa e poi Via della Camilluccia con l'arrivo in Piazza dei Giochi Delfici dove è la chiesa. La mattina del 16 marzo il percorso si interrompe in Via Fani.
Gli altri componenti del commando. Da sinistra Lojacono, Casimirri, Balzarani, Seghetti, Algranati, Moretti.
L'agguato
Gli altri componenti del commando. Da sinistra Lojacono, Casimirri, Balzarani, Seghetti, Algranati, Moretti.
Quando le auto di Moro, che percorrono via Trionfale, arrivano a poche decine di metri dall'incrocio con Via Fani sono avvistate da Rita Algranati che, con il segnale prestabilito, avvisa gli altri brigatisti.
L'azione è iniziata. Moretti, alla guida della 128 , con il motore accesso , aspetta il passaggio delle auto.
esco al momento giusto e mi metto davanti alle due macchine di Moro, regolando l'andatura: abbastanza piano perché le macchine che ci precedono si allontanino un poco, in modo da non venire coinvolte nella sparatoria, ma anche abbastanza veloce perché il convoglio di Moro non mi sorpassi. Funziona. Nessuno si accorge di niente. (…) Procedo, sorpasso una 500 che va troppo a rilento e le macchine di Moro mi vengono dietro. L'ideale è che tutte e tre le macchine si fermino allo stop dove sono appostati i quattro compagni che dovranno neutralizzare la scorta, altrimenti dovranno risalire via Fani e la scorta potrebbe notarli. Mi fermo dunque allo stop, un po' di traverso per occupare la parte maggiore di strada ma senza che sembri strano, normalmente, senza stridore di gomme. Ibid. pag. 126
Le auto sono ancora in movimento quando entra in azione il gruppo di fuoco. I primi colpi sono singoli e, probabilmente , indirizzati, da Morucci, all'indirizzo dell'autista della 130 Domenico Ricci. Sempre, Morucci si avvicina alla 130 e con il calcio del mitra rompe il vetro anteriore sinistro.
Contemporaneamente Gallinari e Bonisoli sparano contro l'Alfetta della scorta. Rivera, l'autista, il primo ad essere colpito, lascia andare i comandi della macchina che va a tamponare l'auto di Moro che a sua volta tampona leggermente l'auto di Moretti.
Anche gli altri uomini del comando si sono schierati. Casimirri e Lo Jacono, che con l'altra 128 hanno seguito le auto di Moro, arrestano la macchina al centro della strada ed escono armi in pugno, uno dei due ha il viso coperto da un passamontagna da motociclista. Costituiscono il cosiddetto “cancelletto superiore “ con il compito di bloccare il traffico proveniente da Via Trionfale.
Al centro dell'incrocio prende posizione Barbara Balzerani che è previsto insieme a Moretti, dovrebbe formare il “cancelletto inferiore”, quello che deve bloccare il traffico proveniente da Piazza del Pordoi. Ma Moretti, non può scendere dalla macchina, qualcosa non sta funzionando.
I mitra inceppati
Morucci , dopo aver infranto il vetro, indirizza il mitra verso i due uomini posti sul sedile anteriore della 130 che sono ancora vivi, l'arma, un FNA, si blocca. Per disinceppare il mitra e dare spazio all'altro brigatista si sposta verso il centro di Via Fani. Raffaele Fiore, l'altro brigatista, però, non interviene: il suo M12 si è inceppato dopo solo tre colpi. Fiore cerca di sostituire il caricatore inceppato con un altro, ma preso dal nervosismo non riesce più ad intervenire nell'azione.
Seguono momenti concitati, Domenico Ricci, l'autista della 130, approfittando dell'impasse dei terroristi, tenta disperatamente di fare manovra per sottrarsi all'attacco. L'auto però è bloccata , dietro dall'Alfetta della scorta che l'ha tamponata, e davanti dalla 128 in cui Moretti resta a bordo con il freno a mano tirato. Contemporaneamente il maresciallo Leonardi accucciato e piegato sul fianco destro urla a Moro di stare basso e ripararsi.
Pochi secondi che sembrano, per tutti, durare un'eternità. Poi, Morucci, che è riuscito a far nuovamente funzionare il mitra ritorna nella sua posizione ed, a brevissima distanza, esplode alcune raffiche che colpiscono mortalmente Leonardi e Ricci.
Anche i terroristi che sparano sull'Alfetta hanno problemi. Bonisoli, nella posizione assegnata da Morucci. esplode, una prima raffica di mitra, ma la mira è tutt'altro che precisa, molti colpi finiscono sulla carrozzeria dell'Alfetta, altri sono indirizzati verso un'abitazione posta al 2° piano dello stabile di fronte. Gallinari inizia a sparare con il suo TZ45 ma dopo soli 7 colpi il mitra si inceppa. Approfittando della situazione. Raffale Iozzino, l'agente che è sul lato destro del sedile posteriore e quindi dalla parte opposta ai brigatisti, riesce ad uscire dall'auto, istintivamente affronta i brigatisti a viso aperto, senza ripararsi dietro l'auto, ed esplode due colpi con la pistola di ordinanza.
Bonisoli, questa volta, non ha problemi ha colpire un bersaglio scoperto situato a pochi metri, Iozzino, colpito da una lunga raffica, crivellato di colpi, cade riverso sull asfalto di via Fani.
Intanto Gallinari, al contrario di Fiore, reagisce con prontezza. Lascia andare il mitra e continua con la pistola in dotazione, portandosi sul lato destro della strada. Anche a Bonisoli si blocca il mitra, forse inceppato o forse perché ha esaurito i colpi nel caricatore, e come Gallinari estrae la pistola e si sposta sulla destra, per finire Leonardi e Zizzi i due agenti posti nella parte destra delle auto ed, in teoria, meno esposti ai colpi.
Aldo Moro nelle mani dei terroristi
La scorta è annientata: Seghetti con la 132 parcheggiata su via Stresa compie a marcia indietro alcune decine di metri e si pone all'altezza dell'auto di Moro, Moretti esce dalla 128.
vado alla 130 e prendo Moro per un braccio per farlo scendere.(...) era seduto, molto impaurito frastornato. Era stata una scena apocalittica, si può capire. Non ha detto una parola, eravamo sotto shock anche noi, figuriamoci lui. Ha dei piccoli graffi sul dorso delle mani per via dei vetri frantumati, sono poca cosa, non si lamenta. Lo faccio salire sulla 132 guidata da Seghetti e sdraiare.(…) Fiore [è] nel sedile di dietro e io, seduto davanti. Ci precede una macchina di copertura, tutti gli altri ci seguono con le macchine sul tragitto previsto. Mario Moretti, Brigate rosse una storia itaiiana,_ Ibid, pag.129
La moto Honda
In via Fani transita anche una moto. Intorno alla sua funzione si è svolto un dibattito che dura da oltre 40 anni. Per Alessandro Marini due terroristi sono a bordo della Honda e indirizzano colpi di mitra verso il suo motorino a cui rompono il parabrezza. La sentenza di primo grado, in base alla testimonianza di Marini, condanna i brigatisti anche per tentato omicicio nei suoi confronti. I terroristi hanno invece sempre rifiutato ogni coinvolgimento della moto nell'azione.
Nel 2016, la 2° Commissione Moro ha appurato, attraverso il ritrovamento di una foto apparsa sui giornali dell'epoca, che il parabrezza del motorino era già rotto prima del 16 Marzo, come ha ammesso lo stesso Marini. La moto Honda ed il motorino